Prendi due brand, anche distanti fra loro, mettili insieme e crea qualcosa di incredibile. Se fatto bene, questo è il principio del co-branding: un’arma potentissima per crescere insieme.
È così che ti trovi davanti a pacchi di pasta griffati, appena usciti dalla Milano Fashion Food Week, burro cacao alla Coca-Cola e Crocs con il tacco. No, non siamo pazzi. CROCS CON IL TACCO.
Ecco, se davvero Two is megl che one, cerchiamo di capire cos’è realmente il co-branding e che vantaggi può portare alle aziende coinvolte, analizzando esempi vincenti e strategie ottimali.
Ok, let’s go.
Partiamo dalle basi. Cosa significa Co-branding?
Analizzando il termine, già riusciamo ad intuire una prima risposta. Co-branding deriva infatti dall’unione della particella co (intesa come insieme, collaborazione) e branding (ovvero l’attività di creare, gestire e promuovere un certo marchio).
Di fatto, è quindi una cooperazione temporanea tra due brand che decidono di lanciare sul mercato un nuovo prodotto (o servizio) a doppia firma. Ricordati: a doppia firma. Perché il consumatore dev’essere in grado di riconoscere entrambe le realtà come distinte ed autonome.
In questo modo, è possibile aumentare la portata e la reputazione del singolo marchio, incrementando il numero potenziale di utenti coinvolti, migliorando il sentiment del target e ambendo a nuovi traguardi di fama e vendita.
Per il resto, non c’è davvero nessun limite alla fantasia, motivo per cui le tipologie di co-branding sono tante e differenti (se no mica fanno le Crocs con il tacco…).
- Possiamo avere un co-branding basato sul prodotto, vedi Benetton e Barbie che hanno creato una linea d’abbigliamento ad hoc, con le rispettive bambole che la indossano;
- Può essere basato sulla comunicazione, un po’ come per Uliveto e Rocchetta, acque della salute (multate per questo claim per pubblicità ingannevole. Ne parliamo in un vecchio articolo);
- Esiste anche il co-branding basato sugli ingredienti, come Philadelphia x Milka;
- Oppure ci possono essere infine i co-branding complementari, nei quali i due marchi si fondono per dare vita ad una terza identità, come Bialetti e Illy che creano Cuor di Moka.
Un po’ come Goken e Trunks in Dragon Ball, ma senza balletto né orecchini.
Ricordi?
FU…SIO…NEEEEEEEE. Quello.
Ok, ma perché scegliere una strategia di co-branding?
Molto semplice. Oggi, con il 2024 alle porte, possiamo dire che attirare l’attenzione del pubblico non è affatto semplice. Sempre meno concentrazione, notizie che ci sommergono ogni giorno…
Ecco che quindi rompere gli schemi, presentandosi con una collab inaspettata ma funzionale, potrebbe fare la differenza, attirando una nuova fetta di mercato grazie al raggio d’azione già consolidato dell’azienda partner.
Non solo. Co-branding presuppone anche co-marketing, inteso come collaborazione nella promozione del nuovo prodotto. Risultato? Costi minori e risonanza amplificata.
Per semplificare, facciamo due semplici bullet points.
I vantaggi del co-branding marketing
- Aumento delle entrate di vendita;
- Miglioramento reputazionale di entrambi i brand;
- Condivisione del rischio;
- Promozione marketing condivisa, con meno costi e più risonanza;
- Acquisizione di un nuovo pubblico, preso in prestito dal brand partner;
- Maggior reddito dalle royalty.
(Tutto questo a patto che la strategia sia ben studiata. Sempre.)
Ecco invece gli svantaggi
- Possibilità di fallimento della strategia, soprattutto se gli obiettivi e i valori delle due realtà non coincidono;
- Rischio di danneggiare l’immagine del proprio brand, se l’altro dovesse cadere in scandali o cattiva reputazione;
- Gravi perdite in caso di flop.
L’unione fa la forza. Le Best Practices per una strategia vincente
Come avrai intuito dai paragrafi precedenti, il co-branding è davvero incredibile, ma può anche essere una temibile arma a doppio taglio. Il tuo peggior nemico.
Niente paura se, invece di agire a caso, progetti la tua collaborazione in ogni minimo dettaglio. Oltre a lanciare un buon prodotto, sarà indispensabile fare queste 3 cose:
1. Studiare bene il target e identificare delle linee strategiche condivise
Prima di ogni cosa, i due brand devono conoscere al massimo il proprio target, senza se e senza ma. Solo a quel punto potranno selezionare delle aree comuni, così da concentrare lì le proprie risorse, selezionando un tone of voice, testuale e visivo, perfettamente in linea con il tutto.
Consiglio importante. Non lasciare niente al caso e soprattutto non lasciare margini di interpretazione. Tutto dev’essere chiaro e preciso. Pensa se le due aziende dovessero anche solo utilizzare degli hashtag promozionali differenti…. Sarebbe già un disastro prima ancora di partire.
2. Settare degli obiettivi misurabili e comuni
Non c’è co-branding senza obiettivi comuni. Per questo, chiariscili da subito. Le aspettative dei due (o più) brand possono essere diverse: solo una comunicazione diretta e precisa può tracciare la giusta strada, facendo ottenere il massimo dalla collaborazione.
Identifica dunque una content strategy che rispecchi le ambizioni di entrambe, definendo dei KPI da tenere come riferimento. Come una mappa che, con il tempo, stabilirà se il lavoro ha dato i suoi frutti.
3. Studiare una promozione che esalti tutti i brand coinvolti
Con la collaborazione, tutte le aziende devono uscirne vincitrici, più forti ed influenti di prima. Se no che lo facciamo a fare, scusa? Definisci una strategia promozionale condivisa, con anche un calendario editoriale comune. I rispettivi reparti marketing devono essere sempre allineati tra loro. Meglio una call in più che un risultato finale disastroso.
Alcuni degli esempi più belli e curiosi di co-branding
Una rapidissima carrellata di collab tra marchi che hanno fatto parlare tanto di sé. Dal food alla cosmetica fino alle piattaforme streaming, beccati ‘sto caso studio peffavoreh.
McDonald’s
Un colosso, fonte d’ispirazione per ogni marketer di tutto il mondo. McDonald’s, a livello di co-branding, è forse il marchio più attivo in assoluto. Negli anni, infatti, ha stretto collaborazioni con migliaia di brand di ogni settore e luogo geografico, creando delle vere e proprie opere d’arte.
L’esempio più emblematico? Beh, ovviamente il delizioso McFlurry che, a seconda della nazione, possiamo gustarlo in infiniti modi grazie alla firma di aziende partner. Solo in Italia, pensiamo ai gusti Snickers, Baci Perugina, Oreo, KitKat e Smarties. Insomma, da decenni ormai, ognuno può trovare il suo gusto preferito.
Barilla x Spotify
Anche questa una gran bella genialata. Nel gennaio 2021, Barilla e Spotify hanno deciso di lanciare delle playlist mooooolto particolari. La durata di ognuna, infatti, corrisponde esattamente al tempo di cottura dei vari formati di pasta del brand. Semplice, utile, meravigliosamente vincente. Mai più pasta scotta o cruda, accompagnati da buona musica.
Food & Fashion
Abbiamo anche anticipato la pasta griffata, e non stavamo mica scherzando. Ne sono esempi clamorosi i co-branding tra Rummo e Fendi – con un nuovo formato di pasta che riprende la doppia F del marchio di moda (!!). Così come quello tra Barilla e GCDS. Rimanendo sul food, Baci Perugina ha deciso di lanciare due limited edition in collaborazione con Dolce e Gabbana. Nuovi gusti, nuovo pack.
Taffo x Layla Cosmetics
Il co-branding che non ti aspettavi, e invece eccolo qui. Da una parte l’agenzia funebre più famosa d’Italia, dall’altra un’azienda di cosmetici. COOOOOSA?
In occasione del San Valentino 2022, Taffo e Layla Cosmetics hanno presentato il mascara Extra Black. Segni particolari? Packaging a forma di bara, scritta provocatoria alla Taffo: potrebbe essere l’ultimo mascara che proverai. Lo stesso video promo ci lascia altre perle, dalle ciglia più nere di un becchino, fino al mascara che allunga le ciglia, ma non la vita. E come dargli torto.